I costi dell’assentesimo e dell’abuso dei permessi possono a ragione essere etichettati come un problema sia sociale che etico, gravando tanto sulle aziende quanto sul bilancio pubblico. Oggi, per fortuna, è possibile contrastare detti illeciti con efficacia, grazie all’attività di agenzie investigative particolarmente qualificate in campo giuslavoristico
I danni causati da un dipendente assenteista pesano non solo sul datore di lavoro ma anche sui lavoratori onesti, su quanti un lavoro non ce l’hanno e, per passaggi successivi, sulla stessa economia nazionale. I permessi fruiti indebitamente dagli “assenteisti di professione”, infatti, pur venendo retribuiti dal datore di lavoro quale sostituto d’imposta, sono di fatto in buona parte anticipati, in nome e per conto dell’ente previdenziale, dell’INPS, con i soldi di tutti noi, di noi contribuenti.
Ci troviamo di fronte quindi ad una questione di etica in azienda, che si confronta con la necessità di tutelare i diritti sacrosanti previsti dallo Statuto dei lavoratori e la debolezza degli strumenti che dovrebbero contrastare i comportamenti truffaldini dei dipendenti infedeli.
Come distinguere i “furbetti del cartellino” da chi invece usufruisce dei permessi per reali necessità di salute o assistenza? Per verificare l’effettivo sviamento della finalità del diritto assistenziale, il datore di lavoro può ricorrere, in presenza di casi sospetti o dubbi, ad agenzie investigative per accertare la sussistenza o meno di comportamenti truffaldini. Un intervento perfettamente legale, al contrario di quanto alcuni credono, e molto più efficace di soluzioni estreme, come, per esempio, l’induzione alle dimissioni dietro pagamento.
Generale Michele Franzè, Presidente di Axerta Spa
- La conversazione con AXERTA continua il 25 e 26 maggio, a Napoli, al 47° Congresso Nazionale AIDP / IL FUTURO OGGI nel foyer del Royal Continental
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