Il fenomeno del gender gap rappresenta ancora oggi una delle questioni maggiormente insidiose sul piano sociale e su quello occupazionale. In tale ambito, la direttiva europea sulla trasparenza salariale si propone di dare effettiva attuazione al principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.
La questione del gender gap non è solo confinata alla più ampia discussione sulla condizione dell’emancipazione femminile ma, al contrario, incide anche sulle prospettive di crescita e di sviluppo dell’intero sistema economico del Paese. I dati parlano chiaro: oltre il 52% dei diplomati, in Italia è donna e oltre il 60% dei laureati in Italia è donna eppure il divario di genere rilevato nel 2024 dal Global Gender Gap Index ci pone, a livello mondiale, all’87esimo posto su 146 Paesi e, a livello europeo, al 37esimo su 40 Paesi considerati. Il tasso di occupazione femminile è sotto il 41% (contro il 59% maschile) e, in ogni caso, solo il 21% dei dirigenti è donna. Anche nelle società quotate (dove grazie alla legge Golfo-Mosca le donne sono arrivate ad avere una presenza del 43% nei CdA) le CEO rappresentano il 2% e le Presidenti del CdA non superano il 4%. Se parliamo di retribuzione, poi, quella media delle donne in Italia è inferiore del 20% rispetto agli uomini (nel settore finanziario si arriva al 32%) e questo, unito ad altri fattori, genera anche un gender retirement gap che le generazioni presenti e future dovranno affrontare.
Ecco l’importanza della direttiva europea n. 970 del 10 maggio 2023 che si propone di dare piena attuazione alla parità retributiva tra uomini e donne introducendo degli obblighi di trasparenza che in alcuni casi comportano dei veri e propri cambi culturali da operare all’interno delle organizzazioni aziendali.
Questo è sicuramente il caso degli obblighi di trasparenza nella fase che precede l’assunzione: sarà, ad esempio, fatto divieto al datore di lavoro di chiedere al candidato informazioni sulla retribuzione percepita. Con riferimento agli obblighi di trasparenza durante il rapporto di lavoro, la Direttiva richiede che le imprese adottino sistemi retributivi che consentano di valutare se i lavoratori si trovino in una situazione comparabile per quanto riguarda il valore del lavoro sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere concordati con i rappresentanti dei lavoratori, che includano tra gli altri le competenze, l’impegno, le responsabilità e le condizioni di lavoro.
Inoltre, il lavoratore avrà diritto di ricevere per iscritto, entro un termine ragionevole che non superi i due mesi dalla data della richiesta, informazioni sul livello retributivo individuale e sui livelli retributivi medi, ripartiti per sesso, delle categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore. Le imprese con più di 100 dipendenti saranno chiamate all’adempimento di obblighi di rendicontazione sul gender pay gap. Qualora da tale rendicontazione risulti un divario medio pari ad almeno il 5% in una qualsiasi categoria di lavoratori, non motivato sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere e non corretto entro sei mesi, le imprese saranno tenute ad effettuare, in cooperazione con i rappresentanti dei lavoratori, una valutazione congiunta delle retribuzioni. Tenuto conto della complessità di tali obblighi e della dirompenza di essi, le imprese dovranno pensare a adeguarvisi ben prima dell’attuazione della direttiva in Italia.
Avv. Ornella Patané, Partner di Toffoletto De Luca Tamajo
e Avv. Donatella Cungi, Partner di Toffoletto De Luca Tamajo
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