DIREZIONE DEL PERSONALE 202 | FUGA NEL METAVERSO

Metaverso perf il mondo HR

Immaginatevi di entrare nel corpo di una persona di colore, anziana e alla fine della sua carriera lavorativa. Immaginatevi di muovervi con le sue fattezze in un mondo di pregiudizi che proprio non vuole capire le difficoltà di essere percepiti come diversi. Poi tornate dei vostri panni e cercate delle soluzioni a partire da questa immedesimazione che i tecnici chiamano body swapping. Siamo entrati nel metaverso e questo è uno degli esperimenti compiuti per stimolare la sensibilità all’inclusione. Ma non solo: il 12 maggio 2022 si è svolta la partita Milan-Fiorentina, la prima visibile nel metaverso, fruibile solo per gli spettatori del Medio Oriente e Nord Africa. Paris Hilton, in versione avatar, ha organizzato già due mega feste al Paris world, il suo spazio virtuale sulla piattaforma di gioco Roblox, a cui hanno partecipato centinaia di persone. In Nikeland, spazio virtuale di Nike, col tuo avatar puoi provare vestiti in real time e scarpe come se fossi lì. Facebook ha cambiato il suo nome in Meta con “l’aspirazione di teletrasportarci ovunque come ologrammi: dal lavoro, ad un concerto, al salotto dei nostri genitori” (parola di Mark Zuckerberg).

Ma cos’è questo metaverso? E come può interessare la comunità HR? Ce lo siamo chiesti noi del Comitato di redazione nella nostra sessione di brainstorming per scegliere gli argomenti della rivista e si è deciso di lanciare il cuore oltre l’ostacolo provando a immaginare un futuro in questo mondo che è ancora ai suoi esordi. Il metaverso può essere definito come un Web3 immersivo dove gli utenti, dopo aver indossato il visore digitale Oculus, si creano un avatar e si incontrano in spazi virtuali in cui possono giocare, fare riunioni, condividere oggetti in una realtà completamente digitale. Potremo, quindi, vivere potenzialmente un’intera esistenza virtuale rappresentati dai nostri Digital Twin. In questo universo un ruolo cruciale lo esercitano gli NFT (Non Fungible Tokens), abilitati dalla tecnologia blockchain, che costituiscono lo strumento per esercitare i diritti di proprietà e che possono essere scambiati, acquistati o guadagnati. Un avatar può infatti acquistare proprietà e costruire estensioni del proprio io fisico nel mondo digitale tanto da scatenare un vero e proprio mercato immobiliare virtuale. I grandi protagonisti di questa nuova corsa all’oro, oltre a Meta, sono Microsoft che punta a gaming, cloud e videoconferenze, Nvidia che sta progettando ambienti virtuali per aziende con ambienti simulati e AI e Decentraland, una sorta di Second life in cui si possono comprare lotti di terreno edificabili, oltre alle piattaforme di gaming come Fortnite e Minecraft, per ora le più popolate dagli avatar dei nostri figli.

Stiamo parlando in sostanza di un altro mondo parallelo su un diverso piano di realtà dove accadranno sempre più cose e dal quale non potremo rimanere esclusi. Ad oggi per noi HR si parla di formazione nel metaverso, di riunioni (Accenture ha già organizzato uno spazio di coffee break per tutti i suoi dipendenti nel metaverso che incentiva a frequentare per creare community), di colloqui di selezione o di coaching nel metaverso in 3D, di chatbot che potranno fornire informazioni di base facendo risparmiare tempo per tutti quei lavori ripetitivi a basso valore aggiunto. L’on boarding poi dei neoassunti potrà accompagnare il neofita a visitare tutti gli ambienti aziendali riprodotti fedelmente e permettere di incontrare i colleghi con cui conversare; per non parlare di come si potrebbe fare employer branding nel metaverso stante le difficoltà nel reperire candidati ad alta digitalizzazione. Insomma dopo due anni di smart working è facile immaginare il metaverso come un’evoluzione accelerata verso forme di lavoro a distanza facilitate da avatar tridimensionali e personalizzabili. Personalmente ho trovato questi ambienti virtuali non ancora pronti a questi utilizzi, vuoi perché sembra di entrare sempre in un videogioco, vuoi perchè l’Oculus è ancora costoso e non si vede così bene (almeno per chi porta gli occhiali). Ci sono poi problemi di sicurezza in termini di privacy dei dati, di falsificazione di identità o di furto di valute virtuali che non sono stati affrontati con sistematicità e, da questo punto di vista, il metaverso espone molto di più gli utenti rispetto ai social media poiché puoi raccogliere tante informazioni facilmente. Ma senza dubbio si tratterà solo di fare pratica e di affinare le tecniche poiché gli scenari di sviluppo del business non prescinderanno da questa nuova opportunità, non fosse altro perché i big ci si sono gettati e nel mondo del marketing non c’è paura peggiore che quella di rimanere tagliati fuori. In effetti le possibilità di engagement per i consumatori sono potenzialmente spettacolari e il metaverso potrà fare da ottimo booster del prodotto fisico da commercializzare.

Il dubbio legittimo che ci rimane è se avremo veramente voglia di duplicare la nostra realtà o, ancora peggio, se, una volta creataci una nuova realtà dove saremo migliori e più belli non arriveremo a preferire questa dimensione e ciò potrebbe avere un impatto significativo sulla nostra capacità di impegnarci nella vita reale e in quella di affrontare le difficoltà e i conflitti sociali. Insomma la classica fuga dalla realtà, come raccontato nel bel film di Spielberg Ready player one dove il protagonista vive solo nella realtà del gioco in un mondo ormai in abbandono e trasformato in macerie. Un altro importante impatto da non sottovalutare è legato alla possibilità del metaverso di entrare in un corpo diverso dal proprio (il già citato body swapping). Il fatto di poter diventare una persona diversa, secondo le regole di funzionamento del nostro cervello, genera un effettivo cambio di comportamento, ha cioè una reale capacità trasformativa con implicazioni che ancora non sono del tutto ponderabili. Se infatti sono stati compiuti esperimenti di successo per ridurre il pregiudizio razziale potendo sperimentare cosa significa “entrare” in un corpo di una persona di colore, è chiaro anche che questa potenzialità potrebbe stimolare comportamenti opposti. Cosa succederebbe se qualcuno decidesse di prendere le sembianze di un leader carismatico e fortemente negativo?

In conclusione il metaverso sarà una parte integrante della nostra realtà professionale di qui a dieci anni e sarà impossibile prescindere da esso per le attività di formazione, selezione, brand awareness, employer branding, socializzazione oltre che di marketing. Abbiamo, però, già sperimentato in piccolo gli effetti del perdere la prossemica, gli sguardi, la fisicità e i danni che può comportare un approccio monodisciplinare che non consente di leggere tutte le conseguenze di fenomeni complessi: cerchiamo, quindi, noi HR di aiutare a mantenere, nello sviluppo di questo nuovo futuro, una visione che non sia solo tecnologica ma che unisca anche la conoscenza dei processi, dei contesti, dei comportamenti, delle relazioni e della psiche umana.

Dall’editoriale di
Maria Emanuela Salati

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