Il COVID-19 ha trasformato il 2020 in uno spartiacque del XXI secolo per il mondo del lavoro: gli eventi che si sono succeduti forniscono condizioni e un impulso unici per un cambiamento duraturo per tutti i lavoratori, soprattutto quelli dipendenti.
Saranno molte le sfide che le società dovranno affrontare in ambito HR nell’era post Covid. La prima sarà sicuramente quella di trattenere i talenti (e assumerne di nuovi), anche attraverso la flessibilità. Dopo la pandemia, i lavoratori di ogni estrazione sociale stanno mettendo in discussione l’obiettivo del proprio lavoro e se questo possa essere il momento giusto per imboccare una direzione completamente diversa. Un lungo periodo di lavoro in remoto, le preoccupazioni su come occuparsi dei figli, i periodi di cassa integrazione e l’onnipresente spettro della malattia hanno spinto le persone a riconsiderare come, e dove, intendono trascorrere la parte principale del loro orario di lavoro. Secondo la survey annuale di ADP “People at Work 2022: A Global Workforce View”, Il 35% degli italiani accetterebbe una riduzione della retribuzione se ciò significasse migliorare il proprio equilibrio tra lavoro e vita privata, anche senza nessuna modifica delle ore lavorative, ma con la possibilità di decidere come e dove distribuire le ore lavorative durante la giornata. Secondo dati ADP, il 45% degli italiani cercherebbe un nuovo lavoro se costretto a ritornare in ufficio fulltime.
Occorre poi una strategia dinamica per affrontare la crisi delle competenze. Le ricadute della pandemia sono servite per ampliare il deficit di competenze in molte società, in parte nel momento in cui le aziende si affrettavano per adottare le tecnologie di automazione e intelligenza artificiale. Ma non sono solo le “hard” skill, come le conoscenze digitali, a scarseggiare. Le competenze sociali, di adattabilità e di resilienza contribuiscono alla produttività e alle prestazioni aziendali. Queste ultime diventano ancora più essenziali quando la forza lavoro opera in modo virtuale.
Attenzione poi all’equità. Il panorama post-COVID presenta molte potenziali disparità legate al posto di lavoro che l’ufficio risorse umane deve valutare: generi, genitori e non genitori, gruppi di età, razze, dipendenti con e senza disabilità e lavoratori essenziali e non essenziali. Attualmente, i fattori più importanti di un lavoro vanno ben oltre la sfera strettamente personale: sempre più dipendenti valutano aspetti etici o culturali più ampi quando devono decidere se iniziare o continuare a lavorare per un’azienda. Tre quarti (75%) dei dipendenti italiani prenderebbe in considerazione la ricerca di un nuovo lavoro se scoprisse discriminazioni e iniquita’ all’interno della propria azienda.
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