La cultura del benessere mentale in azienda: da nice-to-have a must-have

In un ambiente lavorativo sempre più intergenerazionale e pressante, la salute mentale diventa un imperativo strategico. Le aziende devono agire ora: il benessere psicologico non è più un lusso, ma la chiave per crescere e innovare.

Il mondo del lavoro sta attraversando una trasformazione radicale. Per la prima volta nella storia, infatti, quattro generazioni diverse convivono all’interno dello stesso ambiente professionale: Boomers, Generazione X, Millennials e Generazione Z. Questo scenario unico pone sfide senza precedenti ai professionisti delle risorse umane, chiamati a creare armonia e produttività tra valori, aspettative e modalità comunicative molto diverse tra loro.

A complicare il quadro ulteriormente ci sono ritmi di lavoro sempre più intensi, connessione costante ai device tecnologici, richieste di performance sempre più elevate e crescenti difficoltà nel trovare equilibrio tra vita professionale e personale. Una vera e propria emergenza che impatta significativamente sul benessere mentale dei lavoratori.

Secondo l’VIII Rapporto Censis-Eudaimon (2025), il 31,8% dei lavoratori dipendenti ha vissuto esperienze di burnout, esaurimento o sentimenti negativi legati al lavoro. Un fenomeno preoccupante che coinvolge particolarmente i giovani, ma non risparmia neanche le generazioni più adulte e gli over 55. Questi dati non possono essere ignorati: il 76,8% dei lavoratori fatica a bilanciare vita privata e lavorativa, il 73% sperimenta ansia e stress correlati al lavoro e il 75,9% dichiara di sentirsi spesso sopraffatto. Inoltre, il 36,7% dei lavoratori ha fatto ricorso a servizi di supporto psicologico per problematiche legate al lavoro.

Nonostante la chiarezza di questi numeri, troppe aziende continuano a considerare la salute mentale come una questione “privata” o “secondaria”, relegandola ai margini delle politiche aziendali. Tuttavia, le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, 2022) sottolineano chiaramente che il benessere psicologico ha impatti diretti e misurabili sulla produttività, sull’assenteismo, sull’engagement e sulla capacità di innovare.

Secondo uno studio di Deloitte (2022) le organizzazioni che investono attivamente nella salute mentale dei propri dipendenti ottengono un ritorno fino a cinque volte superiore rispetto ai costi sostenuti, grazie a una riduzione dell’assenteismo, aumento della produttività e miglioramento del clima aziendale.

È arrivato quindi il momento di un cambio radicale di paradigma. Promuovere il benessere mentale in azienda deve diventare un imperativo strategico, non solo una questione di responsabilità sociale. Ma come fare concretamente?

Innanzitutto, occorre una leadership consapevole, formata e sensibilizzata al tema. Le aziende devono adottare strategie mirate, ascoltando le esigenze di tutte le generazioni, strutturando interventi specifici e mettendo in atto programmi di welfare psicologico realmente efficaci. Servono iniziative quali programmi di formazione sulla gestione dello stress, percorsi di coaching psicologico, strumenti di supporto psicologico accessibili e policies che favoriscano il bilanciamento tra lavoro e vita privata.

La cultura del benessere mentale non è più un nice-to-have. È la base necessaria per costruire ambienti di lavoro sostenibili, produttivi e competitivi. È un must-have che le aziende moderne non possono più permettersi di ignorare.

 

Francesco Foffa, Head of Sales, Welfare & Strategic Partnerships @ Unobravo

 

 

 

 

 

 

 

 

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