La DEI serve solo se si misura

Tutti ne parlano, pochi la fanno davvero. Negli anni la Diversity, Equity & Inclusion è diventata una presenza fissa nei board meeting, nei piani strategici e nelle slide istituzionali. Ma fuori dalle dichiarazioni, il cambiamento reale tarda ad arrivare.

Oggi la DEI è sotto accusa. C’è chi la considera un’esagerazione ideologica, chi taglia i programmi, chi rivede le quote. Sembra quasi che l’inclusione sia diventata il problema.
Ma, parafrasando il celebre Capitan Jack Sparrow, “il problema non è il problema: è il modo in cui lo affronti.”
Ovvero: non è il concetto di inclusione a essere sbagliato, ma il modo in cui è stato (o non è stato) applicato.

 

Dove si inceppa il meccanismo?
Diversity, Equità e Inclusione sono tre leve diverse, ma inseparabili. Riconoscere il valore delle differenze, garantire pari opportunità, costruire un senso di appartenenza: serve tutto.

Ma molte aziende si fermano alla superficie — corsi, giornate a tema, gran dichiarazioni d’intenti — senza integrare davvero la DEI nella strategia. Il risultato? Chiacchiere e distintivo.

Dalla teoria alla strategia operativa
La svolta arriva quando la diversità, l’equità e l’inclusione diventano un processo strutturato, misurabile e coerente con gli obiettivi aziendali. Non un tema valoriale, ma una leva concreta di crescita.

Una roadmap in quattro fasi, pensata per chi — come i direttori del personale — ha il compito di trasformare la visione in risultati.

1. Misurare

  • Analizzare la situazione attuale: quanto è inclusiva l’organizzazione? Cosa è già stato fatto e con quali risultati?
  • Utilizzare strumenti oggettivi per identificare bias, ostacoli sistemici e aree di miglioramento.
  • Monitorare anche cosa fanno le aziende più avanzate nel settore, per orientarsi rispetto a benchmark significativi.

2. Pianificare

  • La DEI deve essere integrata nella strategia HR e aziendale.
  • Occorre stabilire priorità, allocare risorse e fissare obiettivi coerenti con il contesto organizzativo e il mercato.

3. Progettare

  • Ogni obiettivo deve tradursi in azioni concrete, con tempistiche, budget e ownership definiti.
  • Esempio: se si punta all’aumento della presenza femminile nel management, serve una job analysis iniziale per verificare la compatibilità dei ruoli, seguita da azioni mirate di sviluppo e recruiting.

4. Verificare

  • I risultati vanno monitorati nel tempo (a 6, 12, 24 mesi), per valutare l’impatto reale delle azioni intraprese.
  • La misurazione continua consente di aggiustare il tiro e assicurare la coerenza tra investimenti e ritorno (in termini di clima, attrattività, retention, innovazione).

La DEI come leva strategica per le risorse umane e non solo

La DEI non è un “nice to have”, ma un asset strategico per la competitività. Se concreta e misurabile, la DEI non solo migliora il clima interno, rafforza la reputazione e attira talenti, ma permette di capire meglio le esigenze dei clienti, trovare soluzioni innovative e, in estrema sintesi, aumentare le performance aziendali.

Per i direttori del personale, questo è il momento di agire: dalle dichiarazioni alle azioni, dai valori ai risultati. Chi saprà guidare questo cambiamento con metodo, rigore e visione, trasformerà la propria azienda in un player più competitivo, credibile e attrattivo.

WINclusion, brand di W Executive, è il partner per le imprese che vogliono trasformare davvero l’inclusione in un asset strategico.
Percorriamo insieme la strada verso un’organizzazione più equa, attrattiva e competitiva, con strumenti misurabili, obiettivi chiari e risultati concreti.
Scrivici a info@winclusion.eu: ogni cambiamento inizia da un primo passo. E noi lo facciamo insieme.

Michael Luciano,
Director – Strategic D&I Advisory Winclusion

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