Industria e lavoro 4.0

L’impatto del modello Industria 4.0 su alcuni versanti delle politiche del lavoro e della relativa disciplina normativa e contrattuale.

La quarta rivoluzione industriale, cioè la digitalizzazione della produzione di beni o servizi, rappresenta, in una con i processi di globalizzazione, l’ennesima sfida per il diritto e per le politiche del lavoro. Si tratta di fenomeni che rischiano di modificare alcuni paradigmi di fondo di tali ambiti e il loro DNA. È opportuno allora accennare a taluni profili di “impatto“ sui vari versanti della problematica giuslavoristica.

1. Politiche occupazionali

La digitalizzazione comporta la scomparsa di numerosi mestieri o attività sostituiti, appunto, da tecnologie, con conseguente distruzione di molti posti di lavoro; al tempo stesso essa crea nuove opportunità lavorative. Il problema concerne allora i tempi della transizione perché, come osservò Keynes già nel 1930, “noi scopriamo nuovo modi per risparmiare lavoro a una velocità superiore a quella in cui emergono nuovi mestieri e nuove attività”. Di qui opposte valutazioni e diverse ricette. I pessimisti vedono una disoccupazione tecnologica crescente e irresistibile, dubitano dell’effetto di sostituzione e propongono soluzioni fondate sul reddito minimo garantito a spese della collettività, di tipo assistenzialistico e permanente. Gli ottimisti, viceversa, ipotizzano una fase di difficoltà soltanto transitoria e propongono strumenti di sostegno limitati alla fase di transizione, ma soprattutto iniziative massicce di formazione e riqualificazione in grado di accompagnare i lavoratori verso le nuove attività o le nuove modalità lavorative. Il futuro ci dirà chi ha più ragione e se gli alti costi sociali paventati sono inevitabili. Ad ogni modo non credo che ci avviamo ad una società no workers less o Union’s free, e tanto meno ad una irrilevanza delle politiche del lavoro, dalle quali deriva, invece, la riuscita virtuosa della transizione.

2. Retribuzioni e inquadramenti

La digitalizzazione provoca forti differenziali di produttività in  dipendenza della maggiore o minore capacità o possibilità di utilizzare internet. Viene così a delinearsi una polarizzazione tra lavoratori iperspecializzati (operai o impiegati) e non, tra coloro che sapranno maneggiare gli strumenti 4.0 e sopravviveranno nel relativo mercato e coloro che si adatteranno a mansioni elementari, esecutive o poco produttive. Una retribuzione commisurata solo alle ore di lavoro, tendenzialmente eguale per tutti non ha più senso, mentre acquistano ben altro rilievo la qualità della prestazione, gli obiettivi, la produttività individuale o aziendale. Le politiche retributive saranno perciò calibrate più sul contributo individuale che sulla astratta qualifica posseduta. Con evidente sviluppo della quota di retribuzione variabile. Conseguenzialmente perderà significato un inquadramento contrattuale collettivo – già oggi sovente absoleto – imperniato su astratte qualifiche e mansioni, perché a parità di qualifiche teoriche potranno corrispondere performances totalmente diverse.

3. Tempo e luogo della prestazione

Il lavoro connesso alla tecnologia renderà meno rilevante il tempo e il luogo della prestazione e più significativo il risultato, anche se sarà sempre opportuna la determinazione di un tetto massimo orario anche per chi lavora da remoto a tutela della salute e sicurezza e onde evitare ipotesi di cd autosfruttamento. Più in generale le forme di integrazione del lavoratore con l’organizzazione produttiva si moltiplicheranno (si pensi al lavoro tramite piattaforme informatiche), lasciando emergere nuove tipologie contrattuali e inedite esigenze di tutela.

4. Relazioni sindacali

Al sindacato verrà richiesto meno conflitto (le cui potenzialità lesive sono più alte che in passato) e più collaborazione strategica. Ciò presuppone però, una nuova cultura sindacale disponibile alla collaborazione con l’azienda non soltanto sul versante dei processi di crisi, ma anche per quel che riguarda l’innovazione e il rilancio produttivo.

5. Cessazione del rapporto

Sarà necessario riconoscere adeguati spazi di legittimità al cd licenziamento tecnologico, finalizzato a migliorare l’efficienza e la produttività aziendale, in linea peraltro con recenti orientamenti della Corte di Cassazione (v. per tutti la sentenza n. 25201/2016) più sensibili a tali valori sotto la spinta degli imperativi della competizione globale.

Raffaele  De  Luca Tamajo
Professore Emerito di Diritto del Lavoro, Università di Napoli Federico II e Senior partner di Toffoletto De Luca Tamajo.

 

La conversazione con il Prof. De Luca Tamajo continua il 25 maggio, a Napoli, in occasione del 47° Congresso Nazionale AIDP / IL FUTURO OGGI / #aidp2018 / http://aidp.it/il-futuro-oggi/ 

Questo Articolo è stato letto da 3452 persone

Be first to comment