Nell’era dei big data continuiamo a basare le nostre strategie di recruiting su presupposti generici e datati. L’arte perduta dell’ascolto attivo sta riemergendo in una nuova veste: digitale, strutturata, misurabile e predittiva. Chi ha già abbracciato questo approccio sta ottenendo risultati sorprendenti nella talent acquisition.
“Non troviamo i candidati giusti”. È la frase che sento più spesso confrontandomi con altri CEO e HR Director. Un problema che attraversa ogni settore e dimensione aziendale, dalla PMI alla multinazionale. Ma siamo sicuri di star guardando il problema dalla giusta prospettiva?
La verità è che i talenti sono là fuori e stanno comunicando chiaramente le loro esigenze, aspettative e motivazioni. Il problema è che troppe aziende stanno ancora utilizzando un approccio unidirezionale: parlano ma non ascoltano.
Prendiamo un esempio concreto: recentemente, un’azienda del settore manufacturing lamentava difficoltà nel trovare ingegneri di processo. La loro risposta? Aumentare il budget per le inserzioni di lavoro e le retribuzioni offerte. Risultato? Zero candidati in linea con le aspettative. Quando abbiamo analizzato la loro situazione specifica, è emerso che il 73% degli ingegneri che andrebbero bene per loro considera prioritaria la possibilità di lavorare su progetti innovativi e sostenibili, mentre solo il 28% mette al primo posto l’aspetto economico.
L’ascolto attivo del mercato non può più essere un’attività sporadica o basata su report generici e datati (e con datati intendo già quelli dell’anno scorso). Deve diventare un processo strutturato, continuo e personalizzato per ogni realtà aziendale. Come farlo?
Un buon inizio è mappare i canali dove i potenziali candidati si esprimono: LinkedIn, forum specializzati, communities professionali. Non iniziare subito a postare annunci di lavoro quindi, ma monitorare le discussioni analizzando i trend e identificando i pain point ricorrenti.
È poi buona prassi creare un sistema di raccolta e analisi dei feedback che riceviamo, non solo dei candidati che hanno partecipato ai processi di selezione ma anche di quelli che hanno scelto di non procedere. Questi ultimi sono spesso la fonte più preziosa di informazioni.
Ma attenzione: l’ascolto fine a se stesso non basta. I dati raccolti da entrambe queste esplorazioni devono essere trasformati in “actionable insights”, metriche chiare che possano guidare non solo le strategie di recruiting ma anche l’employer branding e le politiche di retention.
Non è semplice, me ne rendo conto. Noi in Reverse abbiamo ingegnerizzato questo processo per renderlo fluido e user friendly per le aziende nostre clienti, ma quello che conta davvero è agire con la forma mentis corretta.
Infatti il futuro della talent acquisition non sta solo negli algoritmi più sofisticati o nelle piattaforme più innovative. Sta nella capacità di ascoltare, comprendere e agire sui segnali che il mercato ci sta già inviando. Le due domande da porsi sono: mi sono organizzato per ascoltare realmente e organizzare i dati che raccolgo? E poi: Sono davvero pronto ad agire in base alle informazioni che il mercato del lavoro mi restituirà?
Se la risposta è sì in entrambi i casi, bè, buone assunzioni a tutti.

Alessandro Raguseo, CEO Reverse
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