#Ripartire nuove organizzazioni per nuove persone è il titolo del 50° Congresso AIDP, il primo ad essere realizzato a distanza e articolato nell’arco di un mese, senza dubbio con una valenza sperimentale quanto meno adeguata al cambio di contesto esterno.
Noi di Direzione del Personale abbiamo scelto, con la pandemia, di ripartire, dopo i giovani protagonisti dello scorso numero, con la Pubblica Amministrazione e raccontando le buone pratiche di HR Mission. Mai come ora, infatti, è risultata evidente l’importanza del bene comune e di una buona gestione della res publica a partire dalla scuola, dalla sanità, fino a comprendere tutta la macchina dello Stato. Può giovare, quindi, una riflessione generale che coinvolge tutti noi, sia operatori del pubblico sia del privato, su come far ripartire il Paese dal bene comune e da quelle buone pratiche che ognuno di noi ha sperimentato come valide e degne di essere condivise.
Con l’emergenza pandemica abbiamo assistito ad un incremento delle critiche nei confronti della Pubblica Amministrazione rea di non aver reagito con adeguata prontezza ed efficienza. La scarsa digitalizzazione, la burocrazia ipertrofica, la bassa propensione al cambiamento sicuramente sono state alcune delle cause di questi ritardi. Nel Novecento il filosofo Max Weber (Economia e Società 1922), considerato il maggior teorico dell’organizzazione e della burocrazia, ha definito la burocrazia un elemento essenziale di razionalizzazione della società moderna. Secondo Weber le organizzazioni che adottano i principi burocratici, vedono un notevole aumento di produttività ed efficienza poiché possono garantire organizzazione, imparzialità, uniformità e una preparazione specialistica dei funzionari. Ovviamente queste teorie, che all’epoca di Weber avevano ancora la funzione fondamentale di proteggere il cittadino dai privilegi dell’oligarchia, negli anni sono state discusse e confutate dagli studiosi e oggi ci troviamo nella posizione opposta, ostaggi di una burocrazia divenuta patologica. Rimane il fatto che la burocrazia è ancora il perno della nostra pubblica amministrazione e varrebbe la pena affrontarla con maggiore consapevolezza e profondità per agevolarne l’evoluzione e farla tornare un alleato e una protezione imparziale e competente per i cittadini. Già Michel Crozier nel suo ormai classico testo sullo Stato moderno più di quarant’anni fa parlava della capacità della pubblica amministrazione di neutralizzare ogni prospettiva che tenda a modificarne i tratti di fondo ma anche del fatto che la burocrazia non è completamente avversa al cambiamento, ma muta per “crisi”.
Va dunque sfruttata questa crisi per mettere a terra e sistematizzare il cambiamento che già è stato sperimentato per gestire l’emergenza e che rischia di andare perduto con il ritorno alla normalità
In questo senso la crisi può offrirci davvero una grande opportunità perché fornisce non solo l’occasione della sperimentazione obbligata ma anche un nuovo senso ed importanza all’agire dello Stato. È come se alla PA fosse stato restituito il suo ruolo di istituzione cardine nella vita di ognuno di noi, rendendola di nuovo capace di fare da contenitore formale e psicologico al cittadino. Si sono poste le premesse per una nuova alleanza tra individuo e istituzione. Nella dialettica organizzativa tra contenuto e contenitore si può dire che fino ad oggi siamo stati molto più attenti al contenuto (ciò di cui facciamo esperienza e che cambia) che a costruire il contenitore (tutto ciò che dovrebbe spiegare ciò che cambia) perché il contenitore aveva perso completamente credibilità ed efficacia ai nostri occhi.
Oggi abbiamo un’occasione per dare nuovo senso alle istituzioni che, nel bene e nel male, in quest’anno difficile ci hanno guidato, proprio a partire dalle buone pratiche che anche qui vi racconteremo
Vale la pena accogliere e sostenere questa sfida aiutando la PA nel suo processo di trasformazione che richiede competenze, sostegno anche da parte dei cittadini e, ovviamente, risorse, soprattutto per la digitalizzazione, che sperabilmente arriveranno dall’Europa.
La Pubblica amministrazione italiana oggi si colloca al 23° posto su 27 per efficienza nell’Unione Europea, ha un’età media di 51 anni, una tendenza all’accrescimento per addizione del sistema regolatorio che la blocca, un declino della cultura del dovere. È il momento propizio e necessario per generare una nuova cultura della responsabilità che dal singolo pervada la collettività basandosi sul senso ritrovato, che possa far tornare la PA luogo di apprendimento e prestigio anche per i giovani. Come ci racconta il Direttore Generale per gli italiani all’estero Luigi Vignali nel nostro pezzo di apertura, la carenza di professionalità e competenze anche in ambito HR è uno dei problemi e AIDP è pronta a contribuire in tal senso.
L’Italia non può rinunciare a una macchina pubblica avanzata al passo con le sfide che ci attendono e questo obiettivo dovrebbe essere assunto come compito generazionale e di rilevanza storica nel medio periodo da tutti noi.
Dall’editoriale di
Maria Emanuela Salati
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