Negli ultimi anni, normative europee come la CSRD, la CSDDD, la PTD e l’AI Act stanno ridefinendo le priorità aziendali in materia di sostenibilità, trasparenza salariale e intelligenza artificiale. Le aziende devono adeguarsi a nuovi obblighi di reportistica, due diligence e gestione dell’AI, con un impatto rilevante sulle HR.
Negli ultimi due/tre anni, dopo la pandemia, hanno visto la luce alcune normative, soprattutto di derivazione comunitaria, destinate a cambiare la scala delle priorità delle aziende nella gestione del capitale umano, nell’ambito del cd. green deal europeo e della crescente importanza attribuita ai temi che rientrano tra quelli contrassegnati dall’acronimo ESG.
I provvedimenti più significativi (e impattanti sugli assetti aziendali e il lavoro degli HR) sono certamente la Direttiva CSRD 2022/2464 (con il relativo Regolamento delegato 2023/2772) sulla rendicontazione di sostenibilità, la Direttiva CSDDD 2024/1760 sugli obblighi di due diligence, la Direttiva PTD 2023/970 sulla trasparenza salariale, il Regolamento UE 2024/1689 (cd. AI Act) sull’intelligenza artificiale.
Alcuni di essi sono già pienamente in vigore ed efficaci, come la Direttiva CSRD (recepita In Italia con il D.Lgs. 6 settembre 2024 n. 125) e il Regolamento sull’intelligenza artificiale, che come tale non necessita di provvedimenti nazionali per la sua attuazione. Per altre, come la Direttive CSDDD e PTD, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea rispettivamente il 5 luglio 2024 e il 17 maggio 2023, non è ancora scaduto il termine di recepimento: 26 luglio 2026 per la CSDDD e 7 giugno 2026 per la PTD.
La mole di adempimenti prevista per le aziende è notevole, tanto che, anche probabilmente sull’onda di alcune autorevoli critiche all’iper regolazione europea (si veda ad esempio il Rapporto Draghi presentato a Bruxelles il 9 settembre 2024), è in corso un tentativo di semplificazione. Il 26 febbraio 2025 la Commissione europea ha annunciato un pacchetto di proposte (il cd. pacchetto Omnibus) che dovrebbe ridurre gli oneri amministrativi per le aziende derivanti dalle normative europee (tra cui vengono espressamente citate la CSRD e la CSDDD) almeno del 25% (35% per le PMI).
Del resto la nuova situazione internazionale, con la minaccia di dazi per le merci europee, impone interventi che agevolino la competitività delle nostre imprese.
In ogni caso, sia pur con auspicati oneri ridotti, le nuove norme europee richiedono alle aziende adeguati interventi.
La Direttiva CSRD prevede, per quanto riguarda la materia del lavoro, l’obbligo di fornire, nel bilancio di sostenibilità (che dovrà essere asseverato da un revisore), informazioni specifiche, in relazione sia alla forza lavoro propria sia ai lavoratori della catena del valore, su tutta una serie di temi, indicati nel Regolamento delegato: dalle condizioni di occupazione al salario, alla salute e sicurezza, alla parità di genere, alle misure contro le molestie e la violenza sul luogo di lavoro, alla disabilità, alla formazione, al work-life balance, al dialogo sociale. È previsto, anche nella legge di recepimento, il confronto con le organizzazioni sindacali.
La Direttiva CSDDD fa un ulteriore passo avanti, dall’obbligo di informazione a quello di intervento.
L’obbligo di diligenza (due diligence) si sostanzia infatti non solo nell’individuazione degli impatti negativi delle proprie attività, ma soprattutto nella predisposizione di misure concrete che prevengano tali impatti negativi, vi pongano fine o quantomeno ne mitighino gli effetti.
Il tutto, ancora una volta, con riferimento tanto ai propri dipendenti quanto alla catena del valore, ossia in primo luogo alla filiera degli appalti.
Appalti che, peraltro, sono oggi nel mirino della magistratura penale, come alcuni recenti casi di cronaca hanno mostrato, e che quindi richiedono ancor più che nel passato una specifica attenzione da parte degli HR, chiamati a predisporre idonei strumenti di analisi, selezione e controllo.
La Direttiva sulla trasparenza salariale (PTD), che introduce il principio della parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, impone obblighi di trasparenza, di informazione, sia prima dell’assunzione sia nel corso del rapporto di lavoro, e di reportistica. Occorrerà dunque attrezzarsi fin da subito per rivedere le procedure di assunzione, verificare la neutralità sotto il profilo del genere dei criteri per determinare la retribuzione e la progressione di carriera, redigere policy che disciplinino l’esercizio del diritto di informazione dei dipendenti, analizzare il divario retributivo di genere secondo i parametri indicati nella Direttiva.
Da ultimo, ma non certo per importanza (anzi!), anche il Regolamento sull’intelligenza artificiale richiede agli HR attenzione e specifici interventi. È necessario procedere da subito ad una attenta analisi degli strumenti di intelligenza artificiale che già vengono utilizzati o che si intendono utilizzare, anzitutto per verificare che non ricadano nel divieto (in vigore dal 2 febbraio 2025) di utilizzo di sistemi di AI “per inferire le emozioni di una persona fisica nell’ambito del luogo di lavoro”. Occorrerà poi strutturare iniziative di formazione dei soggetti che gestiscono applicativi di AI, e ancora (soprattutto) prestare attenzione all’utilizzo di sistemi classificati come “ad alto rischio” (pressoché tutti quelli utilizzati in ambito lavorativo, oggi soprattutto in fase di recruiting), che fanno scattare a carico di chi li utilizza obblighi specifici di sorveglianza, informazione e monitoraggio, che richiedono la predisposizione di apposite policy e procedure. Senza dimenticare che nel nostro ordinamento nazionale esistono già da tempo norme, alcune di vecchia data (pensate quando l’AI non era neppure immaginabile), che pongono ancora oggi precisi paletti: l’art. 4 (controllo a distanza dell’attività lavorativa) e l’articolo 8 (divieto di indagini su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale) dello Statuto dei lavoratori. E ancora il ben più recente art. 1 bis del D.Lgs.104/2022 (Decreto Trasparenza), che ha introdotto stringenti obblighi informativi, ai lavoratori e alle rappresentanze sindacali, legati all’utilizzo di sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati, tra i quali certamente rientrano gli strumenti di AI.
Nuove impegnative sfide dunque per i responsabili HR, ai quali è demandato il non facile compito non solo di adempiere ai nuovi obblighi, ma di trasformarli, per quanto possibile, in occasioni di miglioramento del clima, dei processi e del benessere delle persone all’interno dei luoghi di lavoro.

Avv. Aldo Bottini, Partner – Toffoletto De Luca Tamajo
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